Ebbene, un nutrizionista che si focalizzi esclusivamente su cibo, calorie e peso e, se è già più evoluto, solo sui risultati della analisi di composizione corporea o delle analisi cliniche, intendendo l’essere umano come una entità con una storia che comincia solo dalla sua nascita e che è avulsa dall’ambiente fisico-chimico volutamente intossicato da geoingegneria clandestina, dal contesto sociale, dalle esperienze prenatali o infantili, dagli stimoli motivazionali e frustranti in cui è immerso, dai condizionamenti mass mediatici da cui è bombardato, dalle interazioni affettive, dalle sostanze che gli vengono somministrate, come gli squilibranti vaccini o dai farmaci che ritiene di dover prendere, ha lo stesso senso che ha una bolla che svanisce nell’oceano.
Il cibo interagisce con un popolo di cellule con memorie genetiche che valicano di gran lunga a ritroso il momento della propria nascita, come dimostrato dalla EPIGENETICA, e queste cellule sono contestualmente sollecitate ad adattarsi a emozioni e sostanze chimiche, come evidenziato dalla PSICONEUROENDOCRINOIMMUNOLOGIA, e in lotta con un ambiente che umanoidi deviati e potenti disseminano di trappole chimiche e sociali.
In un campo di tal pur suggestiva battaglia, se la persona direttamente interessata e il consulente nutrizionista non si pongono fianco a fianco, entrambi come ricercatori obiettivi e determinati, nonché affascinati da tale ricerca, ben consci di ritrovarsi in un mare magnum dai connotati almeno inizialmente ignoti e arcani, non si arriva da nessuna parte, sempre che l’obiettivo sia permettere l’espressione e lo sviluppo di tutte le proprie capacità psicofisiche, con la naturale conseguenza di ottimale funzionalità organica e della sublimazione estetica, e non il poter indossare momentaneamente abiti di due taglie in meno per il matrimonio del proprio trasognato cognato o per la cerimonia di battesimo di qualche pur del tutto rispettabile marmocchio o per apparire più sexy per accalappiare l’ennesimo evanescente partner.
La nostra pregressa nutrizione e, addirittura, le modalità della nutrizione o l’entità dei traumi psicofisici dei nostri avi, insieme alle sostanze chimiche che respiriamo e che ci facciamo iniettare o somministrare e alle emozioni che ci ritroviamo a vivere, sono un terreno minato e sconosciuto, di cui aver rispetto e considerazione, che influisce profondamente sulle nostre risposte a un nuovo percorso alimentare. Il cibo che entra nel nostro corpo interagirà con tutto un immenso archivio di fini memorie e informazioni volte a trovare adattamenti vitali.
Quando una persona non ottiene i risultati che si aspetterebbe da una cosiddetta dieta, che dovrebbe essere una sana reimpostazione iper-nutriente del proprio metabolismo, non deve pensare che sta fallendo, ma che ha appena iniziato una ricerca sul Sé e sulle sue interazioni con l’ambiente, non solo presenti ma anche passate, nonché primordiali.
Se or dunque non ci si concede i tempi adeguati per spostarsi sanamente e gradualmente dall’equilibrio precario in cui il proprio organismo si è rifugiato per provare a sopravvivere, significa solo che ci si vuole rotolare nell’ignoranza più bieca e autodistruttiva.
Ebbene, infine, paradossalmente, se è vero, come si sta qui sottolineando, che il cibo non è il solo fattore che determina la nostre condizioni di salute ed estetiche, è altrettanto certo che è il solo elemento che può permetterci di esplorare con maggiore energia, lucidità e intuitività le tenebre delle nostre essenze, difendendoci da un ambiente ormai tendenzialmente avverso, sempre che come nutrizione si intenda iper-nutrirsi in modo completo e saziante nella prima parte del giorno, in modo da magnificare tutte le capacità percettive e di azione, e non di atteggiarsi, barcollando, a fachiri o guru di terza categoria in improbabili e grottesche performance di anoressia acuta, seguendo inattuabili consigli e fantozzeschi rimbrotti da spaventapasseri in camice bianco e in anima incartapecorita da nozioni ridotte al surreale.